Lettera aperta unitaria a Lorenzin, De Filippo, Chiamparino e Coletto di infermieri, tecnici di radiologia, ostetriche e del Conaps sul comma 566 della legge di stabilità 2015: "Vogliamo un confronto, necessario per operatori e cittadini". Il testo
"Abbiamo letto l'ennesima nota proveniente dal mondo medico sull'ormai mitico comma 566 della legge 190/2014. Che non apre ad alcun confronto costruttivo. Anzi utilizza il rifiuto al confronto e si trincera dietro posizioni acquisite che stanno cambiando rotta nei fatti, come nel resto d'Europa se non del mondo.
A tal proposito giova ricordare in premessa:
- che le rappresentanze ordinistiche e quelle sindacali dei medici sono state più volte consultate – e di ciò vi è abbondante e formale traccia - nel davvero lungo percorso che ha portato alla stesura di diversi documenti sia sulla “ridefinizione implementazione e approfondimento delle competenze e delle responsabilità professionali dell’infermiere e dell’infermiere pediatrico”, sia sulla "ridefinizione e l'implementazione delle competenze e delle responsabilità professionali del Tecnico sanitario di radiologia medica";
- che non sono solo i medici a garantire e tutelare la salute dei cittadini e tantomeno che i medici sono i soli professionisti sanitari a rispondere di eventuali eventi avversi in sede amministrativa, civile e penale;
- che se di frantumazione si deve parlare, forse bisogna anche riflettere su quanto e come impatta la frantumazione prodotta dalle 52 specializzazioni mediche e ulteriori sottospecializzazioni e categorizzazioni nello spacchettamento dei pazienti e di come tale frantumazione si riverberi sulla cura, sull'assistenza oltre che su tutti i processi organizzativo gestionali e sull'individuazione vera e agita di chi dovrebbe assumere la "responsabilità unitaria" del percorso globale del paziente e, soprattutto, assumere un "ruolo di governo e sintesi", da esercitare in caso di conflitti tra le diverse autonomie ovvero anche nei confronti delle autonomie esercitate per legge, oltre che per specifica e riconosciuta capacità, da professioni altre e ben distinte da quella medica.
Anche l'altra parte del cielo respinge il gioco dell'oca che da almeno 4 anni le rappresentanze dei medici continuano ad utilizzare nella partita della ridefinizione evoluta delle competenze delle professioni sanitarie conseguente all'oggettivo upgrading formativo, assommando su se stessi contemporaneamente il ruolo di giocatori che contrastano ogni proposta e quello di arbitri del gioco con il fischietto facile.
Da tempo e ancora oggi i professionisti clinici e "gli altri" non operano certo impegnandosi in processi interagenti ed integrati, ma dentro percorsi impostati e pervicacemente mantenuti da chi ha potere decisionale e non solo, come una somma (la sommatoria ė già futuro!) di atti diversi e diversificati che dovrebbero portare alla risoluzione i problemi del paziente. La logica e il metodo del processo e del lavoro di equipe oltre che l'approccio e la gestione olistica e la personalizzazione delle cure e dell'assistenza, sono argomenti su cui, evidentemente, si continua a fare disquisizione filosofica o riflessioni da presentare e trattare esclusivamente nei corsi ECM, nei seminari, nei convegni e nei congressi.
Da tempo l'intero universo delle professioni di questo Paese bramerebbe sapere – magari proprio dai medici - in che cosa, quando e su quali competenze (ma anche su quali atti, prestazioni, azioni ecc...) ci sono o ci saranno o ci potranno essere "confuse sovrapposizioni di competenze, oltre che di responsabilità, mediche e non mediche".
Piacerebbe inoltre capire di quale pilastro dell’ordinamento professionale si parla; pare di poter supporre che si parla unicamente di quello dei medici. Se così fosse, si ricorda sommessamente che ci sono anche altri pilastri professionali e che esiste un ordinamento giuridico che disegna nella sua completezza e complessità, l'intero mondo sanitario. Su quell'ordinamento e sulle radici professionali di ognuno si potrebbe insieme, come insieme si sta accanto al malato, disegnare perimetri e ambiti di esercizio professionale e individuare metodi e criteri per ragionare di complessità clinica e di complessità assistenziale.
Piacerebbe anche mettere a confronto, per trovare una sintesi equilibrata non solo tra giuristi ma anche tra i professionisti, le diverse interpretazioni giuridiche sul "criterio limite all'esercizio professionale delle professioni sanitarie fissato dall’art.1 comma 2 della Legge n.42/99“.
Ci sono fondati motivi per ritenere che lo strumento dell’accordo tra Governo e Regioni non si inquadri nelle disposizioni che fissano i principi generali che disciplinano la materia? Attendiamo fiduciosi l'esito dell'approfondimento.
Non continuiamo però con il gioco dell'oca: è bene affrontare con spirito costruttivo la vera questione, anche perché la richiesta di abrogazione di alcuni commi, articoli e quant'altro inerenti le disposizioni di leggi ormai evidentemente datate, non è prerogativa che può essere fatta propria da un solo gruppo professionale.
Vorremmo sconfiggere il pensiero che serpeggia fra tanti, ossia che ci sia chi rifugge da ogni vero e reale confronto per rimanere ancorato nelle proprie granitiche e apodittiche visioni del mondo e della sanità.
Chiediamo anche noi a questo punto, e con forza, un chiaro posizionamento sulla questione upgrading formativo e correlate competenze delle professioni sanitarie.
Il comma 566 della legge 190/14 è solo uno degli elementi su cui ragionare e trovare accordo con lo sguardo al futuro e ai bisogni emergenti non solo dei cittadini ma anche dei professionisti e di tutti gli operatori che compongono le équipe che curano le Persone.
“Da soli possiamo fare così poco; insieme possiamo fare così tanto”.
(H. A. KELLER)"
Dott. Alessandro Beux
FNC TSRM
Dott. Antonio Bortone
CoNaPS
Dott.ssa Miriam Guana
FNCO
Dott.ssa Annalisa Silvestro
FNC IPASVI